mercoledì, gennaio 17, 2007

 
Delhi ormai e' abitudine. Quasi non fanno più effetto caos, clacson, tuguri
sui marciapiedi, mucchi di stracci abbandonati che si rivelano persone
sdraiate ovunque capiti. I flyover nuovi ma gia' sbrecciati sono paesaggio
assimilato, come i threewheeler e i camion tata decorati come templi e
pieni di scritte a pennello.
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martedì, gennaio 16, 2007

 
INCURSIONE RISCHIOSA

BKK.
Il benvenuto al finger dice: lunga vita al re. Ma gli aerei colorati pronti a partire per le spiagge non tolgono al nuovo aeroporto il suo aspetto troppo grigio, pesante di cemento. Manca la luce che ci si aspetterebbe da queste parti.

Taxi rosa confetto, rosa porcellino, lungo stradoni di uscita che sperano in un futuro di ombra dagli alberelli appena piantati.Una squadra di ciambellani reali deve aver fatto piazza pulita per evitare all'occhio dello straniero l'offesa del disordine.

Il percorso verso la città ostenta ambizioni moderne e occidentali. Al ritorno, in un'alba ancora buia, capirò che molti dei palazzi più imponenti sono ospedali o cliniche. Al turismo sessuale la Thailandia ha affiancato il turismo ospedaliero.

Lungo il percorso penso ad ale, che ieri per evitare di incontrarmi seguiva questa strada in senso opposto al mio. Ale che prima che partissi ha fatto fatica a parlarmi. Ale, che è la sola ragione per cui sono qui.

Cappa grigia anche sul centro, dove arrivo sorvolando in autostrada quartieri che si chiamano Bang Qualcosa. L'autostrada si conficca dritta nel ventre della città e solo negli ultimi metri, prima di superare gli sbarramenti che proteggono l'albergo internazionale, si traversa una via abitata, giustamente stretta e caotica. La prima vista è su un gruppo di turisti "pelle chiara - calzoni corti" che beve birra al tavolo di un baretto sul marciapiede accanto a agenzie di viaggio, sarti e centri massaggio.

Il fiume, su cui mi affaccio, è vivo. Brulica di battelli sgarrupati che uniscono le rive. Eè un fiume che non divide. Lungo il quale, mentre lo percorro a bordo di un ferry che mi porta verso il centro in compagnia di una folla di thai affaccendati, scorrono in successione grandi alberghi, magioni scrostate, edifici pubblici, templi, qualche casa in legno su palafitte.

Il sole tramonta e sbarco vicino al recinto del grande palazzo. I primi passi sono tra un mondo di banchetti che potrebbero sfamare un paese. Frutta, fritti, dolci, braci sfrigolanti, scampi, miscugli misteriosi, forme commestibili, colori per lo stomaco. Come sono colorate incredibilmente le stupa tra cui mi aggiro, ora con la luce dei riflettori, che puntano un dito verso il cielo a partire da una base panciuta e tranquillizzante. Questi templi sono forme pure, da godere con lo sguardo. Non impegnano il pensiero. Rischiarano il presente indicando il cielo. Fanno sorridere.

Così come sorridono, e non capisco, le persone che incrocio per strada mentre cammino. Le vie che percorro fiancheggiano piccoli canali e si snodano tra botteghe, ora chiuse. Ma l'aria è familiare, come deve essere sempre, da tempo. Non sono qui per me ma per gli altri che qui vivono. A differenza di quell'incubo di strada dove arrivo nel mio girovagare, come sempre per cercare tracce di ale. Una via convenzionale per giovani turisti tutti uguali nel loro stile anticonformista. Un luna park dei back-packers così non me lo aspettavo. E torno intristito nel mio albergo condizionato, a considerare quanto facilmente a volte gli estremi si tocchino. Il resto della notte passa tra il letto e la finestra, aspettando l'alba e pensando a quando tornerò qui la prossima volta. O pensando, dovrei dire piuttosto, alla persona con cui vorrei essere qui la prossima volta.

 
THIMPHU'S SNOW

La prima neve dell’anno scende incerta su Thimphu. Domani, se al risveglio la città si troverà coperta da un manto bianco, sarà giornata di festa. Era dal primo pomeriggio che l’aria aveva preso a farsi grigia e pungente. I primi fiocchi sono scesi mentre attraversavo il cortile dello Dzong, cedendo il passo all’abate capo e vedendo il quinto re allontanarsi avvolto nella sua sciarpa d’oro.

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lunedì, gennaio 15, 2007

 
DAL BHUTAN

Namé samé kadin chhè.
Grazie oltre il cielo e oltre la terra.

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martedì, dicembre 26, 2006

 
ESSERE

Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo
(Gandhi)

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domenica, dicembre 24, 2006

 
In ogni cosa ho voglia di arrivare
sino alla sostanza.
Nel lavoro, cercando la mia strada,
nel tumulto del cuore.
Sino all'essenza dei giorni passati,
sino alla loro ragione,
sino ai motivi, sino alle radici,
sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo
dei destini, degli avvenimenti,
sentire, amare, vivere, pensare
effettuare scoperte.

(Boris Pasternak)

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venerdì, dicembre 22, 2006

 
ALARM

E’ cominciato a squillare quando più volte ho sentito commentare i miei interventi come pessimistici. Scambiando realismo con pessimismo. Come se si potesse allontanare la realtà semplicemente respingendola con un gesto infastidito. Come se prendere la lente e guardare con attenzione quel che sotto di essa si muove fosse un’attività inutile, se non pericolosa. Almeno per chi preferisce cullarsi nelle illusioni. Coltivando la favola di un mondo a parte che vive felice e chiude le orecchie per evitare di sentire il rumore che filtra attraverso il confine. Mentre il campanello suona più forte.

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giovedì, dicembre 21, 2006

 
POTERE E GIORNALI:
L’IMPOTENZA INCROCIATA

Decisamente non c’è sintonia con i media. Con l’eccezione del primo anno, quando il lavoro sulla legge di riforma offriva materia per lo scontro appariscente e superficiale, si è consumato un lungo e freddo distacco. Forse vale il principio per cui non potendo parlar male è preferibile non parlare affatto. Certo, se quel che definisce la rilevanza politica è lo spazio dedicato dai giornali, allora ci sono attività del tutto irrilevanti e, guardacaso, sono quelle che preferisco. Ma qual è il motivo? Mancanza di ambizione? Carattere non smanioso? Inappetenza elettorale? O è piuttosto il meccanismo che regola il funzionamento dei media, specie di quelli locali, che sono parte integrante di un sistema di referenza circolare in cui si da importanza solo a quello che garantisce la maggiore visibilità con il minimo sforzo, tanto da parte di chi produce l’informazione che da parte di chi ne è soggetto. Le notizie si pesano in base alla probabilità che scatenino bagarre, che attivino una sequenza ghiotta di rimbalzi che possa tenere banco per qualche giorno. Così l’informazione diventa unilateralmente cronaca, senza ambizioni di approfondimento, senza discussione critica autentica, senza confronto, riscontro, indagine. Perché sorprendersi allora se a questo circo è indifferente ogni problema di prospettiva e anzi finisce per piegare alle sue regole la stessa politica, dentro un orizzonte che non dura oltre la giornata. Nell’incontro tra media e politica è il potere di fatto dei primi a prevalere e a modificare geneticamente il potere della seconda. Ma soprattutto è l’impotenza di entrambi a soccombere di fronte ad una società disincantata che non crede più né agli uni né all’altra.

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mercoledì, dicembre 20, 2006

 
L’OPPOSITORE

Uno sguardo dandy sulla realtà, alla ricerca costante di brillanti distinguo e di smarcature rispetto alla maggioranza cui si appartiene. Senza mai tirare conclusioni che altri considererebbero ovvie: che dovrebbero condurre a cambiare con chiarezza collocazione. Per il piacere di massimizzare il fastidio senza assumersene la responsabilità. In aula di consiglio, come in aula di tribunale, conta l’esasperazione retorica, l’effetto pensato per il titolo del giorno dopo. Anche la comunicazione con il proprio elettorato ormai è stabilita quasi esclusivamente sulla sponda mediatica: si marca la posizione, con voce stridula e riconoscibile, senza sobbarcarsi la fatica dell’analisi, dello studio, dell’esame da vicino. Si condanna, si esecra, si giudica, restando leziosamente in superficie. Meglio poi se lo si fa dall’interno, senza rinunciare alla patina di coscienza critica che predica inascoltata.
Indimenticabile in questo senso quando, a fronte di un’articolata proposta di riforma di un settore delicato e complesso, la discussione fu troncata dicendo che ne andava fatta una valutazione politica prendendo posizione sulla base degli umori della propria base elettorale. Anche le coscienze critiche quindi badano al consenso più che ai contenuti.

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sabato, aprile 15, 2006

 


Houellebecq, Particelle elementari.
Cosa muove gli esseri umani. L'illusione di vincere il tempo e' cosa cui
molti di noi cedono.

Dopo la morte di Dio, l'amore ha perso il proprio fulcro e bascula con
oscillazioni imprevedibili nella dimensione esclusiva del piacere sessuale.
Questa stirpe post-umana che gia' noi siamo fa l'amore ossessivamente,
disperatamente, non potendo piu' essere l'amore.

Il piacere d'organo ci affratella in una dolorosa mancanza di assoluto, ci
schiaccia tutti sullo sfondo biologico, bidimensionale, nazistoide del
nostro egoismo.

Una volta venuta meno la prospettiva ultraterrena, che male c'e' a non
voler morire? E il progetto che ogni amore porta con se' frana sotto la
potenza del desiderio regredito alla sua essenza anarchica e distruttrice.
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giovedì, marzo 30, 2006

 

AIUTI ALLO SVILUPPO?

Nel 2004 le spese a livello mondiale per armamenti hanno raggiunto la cifra
di 975 miliardi di dollari, equivalenti al 2.6 % del Pil mondiale, ossia
162 dollari per ciascun abitante della terra. Le piu' recenti cifre
dell'Ocse stimano a 350 miliardi di dollari la cifra per sostenere
l'agricoltura, in particolare nei paesi industrializzati. Nello stesso
tempo l'aiuto globale per lo sviluppo, nel 2004, e' stato di circa 80
miliardi di dollari, ossia 14 volte in meno delle spese per armamenti e 4
volte meno delle spese per l'agricoltura. Secondo la Banca mondiale due
miliardi e settecento milioni di persone vivono con meno di due dollari al
giorno, ma ogni mucca europea riceve piu' di due dollari al giorno. Un
miliardo e quattrocento milioni di persone non hanno accesso all'acqua
potabile. Ottocento milioni di persone soffrono per malnutrizione grave. Ma
nello stesso tempo, il mondo non ha mai posseduto tanta ricchezza. Per la
prima volta nella storia abbiamo le risorse finanziarie e scientifiche per
porre fine alle insostenibili situazioni di poverta'. E tuttavia...


martedì, marzo 28, 2006

 

DRIVING FORCE

Il cambiamento climatico non e' piu' una minaccia vaga di un imprecisato
futuro. Quasi certamente e' gia' in atto e sta cambiando il clima. Nel
frattempo, forse ci stiamo avvicinando anche alla fine dell'era del
petrolio. Gli investimenti nelle tecnologie per l'ambiente saranno nel
futuro una delle forze trainanti della crescita economica.

Anthony Giddens


lunedì, marzo 27, 2006

 
SAPEVATE CHE PECHINO E' PIU' VICINA A LISBONA DI BRUXELLES?

La competizione scientifica è divenuta uno dei terreni su cui si gioca l’affermazione delle nuove potenze mondiali. Nei prossimi cinque anni l’India vedrà il suo settore biotecnologico crescere di cinque volte. Negli ultimi cinque anni la Cina ha triplicato le spese in R&D. Delle venti migliori università del mondo, oggi, solo due sono in Europa: mentre la Cina ha inserito per la prima volta in questa classifica due suoi atenei.

L’ultimo Science, Technology and Industry Scoreboard pubblicato nel 2005 dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), evidenzia come nel processo mondiale dell’innovazione stiano acquisendo un ruolo crescente i paesi non-membri OCSE (dunque le nazioni che non appartengono al tradizionale club delle grandi economie mondiali).
Oggi la Cina occupa il terzo posto come migliore R&D performer dietro a Stati Uniti e Giappone. Nel 2003 sempre la Cina era seconda al mondo per numero di ricercatori (863.000), dietro agli Stati Uniti (1.300.000) ma davanti al Giappone (675.000) e alla Federazione russa (487.000). E quel numero non ha cessato di crescere in questi ultimi anni: la rapida crescita delle retribuzioni dei ricercatori cinesi ha incoraggiato scienziati e tecnici di talento a rimanere nel paese, laddove nel passato sarebbero stati indotti a emigrare o a scegliersi una diversa occupazione. Quanto invece ai paesi membri OCSE, in questo stesso periodo si è registrata la tendenza sempre più vistosa alla delocalizzazione delle attività di ricerca.

L’offshoring delle attività di ricerca e sviluppo è diventato ormai una scelta abituale da parte delle multinazionali; ma ciò che più conta è che tale processo si sta gradualmente estendendo anche alle imprese di minori dimensioni, determinando uno spostamento ragguardevole, tanto in termini di risorse quanto per il significato che assume.

Ad aggravare questo quadro – sempre secondo i dati dello Scoreboard OCSE – va menzionata la caduta di interesse per gli studi scientifici nei paesi aderenti all’Organizzazione: solo uno studente su quattro nelle trenta nazioni OCSE sceglie materie scientifiche, con la conseguenza di una crescente immigrazione di talenti dai paesi non OCSE. In nazioni come l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda e la Svizzera la percentuale di immigranti tra i lavorati ad alta qualificazione tecnico-scientifica ha superato ormai il 30 per cento. Percentuale destinata ad aumentare, almeno fino a quando le condizioni salariali nei paesi di origine continueranno a rappresentare un deterrente alla valorizzazione di queste risorse al servizio dei propri paesi. Ma come mostrano il caso cinese e quello indiano, il miglioramento delle opportunità lavorative nelle realtà di provenienza mette immediatamente in mostra le proporzioni dello skill shortage nelle nazioni che oggi attraggono il flusso di immigranti intellettuali.

L’Unione europea produce meno laureati in materie scientifiche dell’India e, considerando i principali indicatori di innovazione (investimenti in R&D, numero di brevetti, diffusione delle ICT), non uno di questi indica la capacità del nostro continente di essere competitivo nei confronti dei paesi più dinamici. In questo quadro le dichiarazioni di Lisbona, secondo le quali entro il 2010 l’Europa sarebbe dovuta divenire “l’economia basata sula conoscenza più competitiva e dinamica al mondo, in grado di promuovere una crescita economica durevole, con opportunità di lavoro migliori e più numerose e con una più alta coesione sociale” appaiono descrivere una realtà sempre più difficile da raggiungere.

La verità è che la lezione dell’economia fondata sulla conoscenza è stata appresa (e soprattutto messa in atto) molto più rapidamente dai paesi non europei; cosicché le dichiarazioni di Lisbona hanno rappresentato le linee-guida dello sviluppo delle nazioni emergenti, più ancora che dei paesi membri dell’Unione.

Le strategie comunitarie di politica della ricerca - dalla definizione di un’”Area europea della ricerca” alla creazione di nuove agenzie sovranazionali come il “Consiglio europeo della ricerca” - se da un lato rappresentano il tentativo di reagire ad una situazione in cui l’Europa avverte di aver perso terreno rispetto agli Stati Uniti e alle nuove potenze asiatiche, dall’altro ancora non mostrano l’efficacia e la rapidità richieste dalla situazione. Soprattutto, prima ancora che queste strategie riescano a dimostrare la propria validità, già vengono avanzate proposte di nuovi strumenti (come nel caso della recente ipotesi di costituire un Istituto europeo di tecnologia) che si candidano ad occupare la scena senza che le risorse a disposizione siano incrementate e senza che un’analisi realistica della situazione affronti i problemi che impediscono alla ricerca europea di tradursi efficacemente in innovazione. Con la conseguenza talvolta di affidarsi ad interventi di ingegneria istituzionale che non fanno i conti fino in fondo con le ragioni del divario che separa l’Europa dalle realtà a più elevata capacità innovativa.

Il tema oggi è quindi quello di ripensare la strategia di Lisbona, forse in termini meno enfatici, collocandola entro un’analisi più aggiornata della realtà mondiale. Dunque, definendo i suoi obiettivi in funzione di una più attenta comprensione dei motivi che stanno portando l’Europa a reagire con ritardo alla sfida dell’innovazione.

martedì, marzo 21, 2006

 

DEFINIRE IL TERRORISMO


“Qualsiasi atto destinato a uccidere o ferire gravemente un
civile, o un'altra persona che non partecipa direttamente alle ostilita' in
una situazione di conflitto armato; quando, per sua natura o suo contesto,
questo atto mira a intimidire una popolazione o a costringere un governo o
un'organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un
qualsiasi atto”

(Onu, Convenzione sulla repressione del finanziamento del
terrorismo, 9 dicembre 1999).


 

INDROMONTABILE


“Berlusconi e' il bugiardo piu' sincero che ci sia, e' il primo a credere
alle proprie menzogne. E' questo che lo rende cosi' pericoloso. Non ha
nessun pudore. Berlusconi non delude mai: quando ti aspetti che dica una
scempiaggine, la dice. Ha l'allergia alla verita', una voluttuosa
propensione alle menzogne”.

(Indro Montanelli, 2001)


domenica, marzo 19, 2006

 
QUESTO E' UN BUCO NERO



Tra le cause accertate: collasso di stelle, traslochi, perdite di umore cosmico.

sabato, marzo 18, 2006

 

ATTRAVERSO


“Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola”

(Cesare Pavese)


venerdì, marzo 17, 2006

 

CHANGEMENT

Be the change you want to see


giovedì, marzo 16, 2006

 

ALLA BASE

Guardando bene, la glaciale mancanza di passione è il peggior nemico di tutte le grandi costruzioni della retorica. Una nuova primavera potrà liberarci dalla morsa del ghiaccio?

mercoledì, marzo 15, 2006

 


ITALIA - GERMANIA


Questi anni di governo Berlusconi potevano almeno contribuire a far nascere anche in Italia una destra moderna, una visione conservatrice della realta' al passo con i tempi. Cosi' non e' stato. Anzi e' cresciuta ancor di piu' la distanza tra l'immagine che il capo ha cercato di comunicare, dinamica, in continuo movimento, quasi rivoluzionaria (almeno nelle dichiarazioni) e la realta' di un elettorato di centro-destra che resiste impaurito a qualsiasi cambiamento, immobile e impermeabile. Senza ambizioni politiche che abbiano spinto all'elaborazione di un modello, di una prospettiva culturale. Non un movimento sociale e culturale, ma piuttosto un blocco che dietro le doti comunicative del proprio leader non fa nulla per nascondere il vuoto di idee e di prospettive.


martedì, marzo 14, 2006

 
A SINISTRA, LA GLOBALIZZAZIONE


Davanti alla globalizzazione economica la sinistra soffre ovunque di schizofrenia, divisa com’è tra i suoi istinti egualitari in materia economica e le sue paure reazionarie sul piano culturale. La reazione populista e l’ambivalenza nei confronti della globalizzazione hanno diviso i progressisti in due schieramenti: i neoliberisti dell’ultima ora chiedono mercati senza frontiere (ma vorrebbero tenersi qualche rete di sicurezza), e i protezionisti sindacali vogliono un rafforzamento delle frontiere (senza abbandonare la retorica della fratellanza globale).

Nei referendum sulla Costituzione UE la politica della paura ha avuto il sopravvento sulla politica della speranza. Anziché rassegnarsi a un mondo dominato dalle forze di mercato e dalle multinazionali, che non controllano e non conoscono, molti cittadini europei preferiscono trincerarsi nelle loro vecchie comunità sovrane con cui si identificano.

Ma oggi la politica delle nazioni è definita dalle realtà dell’interdipendenza globale, come l’aids e l’influenza aviaria, il cambiamento climatico, la tecnologia, le regole dei mercati finanziari ed economici, il terrorismo. Non si può tornare indietro: l’interdipendenza è il nostro destino, anche se per ora ha risvolti soprattutto negativi.

La globalizzazione è vissuta come un deficit di democrazia, in quanto l’economia prevale sulla politica. Ma né gli ultraliberisti né gli ultranazionalisti offrono risposte democratiche alle sfide dell’interdipendenza. Manca un approccio costruttivo alla globalizzazione, che ne accetti l’inevitabilità ma lavori per trasformarla. Si tratta di globalizzare la democrazia o democratizzare la globalizzazione. E’ un compito della sinistra, in quanto la destra non ha di questi problemi, visto che il suo ideale è la libertà e non l’uguaglianza, la salvaguardia del profitto e non la garanzia della giustizia. La destra privilegia la libertà e la proprietà privata sull’uguaglianza e sulla giustizia, e preferisce lasciare al mercato il compito di bilanciarle.
Una nuova visione dell’interdipendenza deve portare i progressisti ad affrancarsi dalla incudine dell’anarchia dei mercati ultraliberisti e il martello del provincialismo ultranazionalista.

domenica, marzo 12, 2006

 
PERSUASION


Presidential power is the power to persuade. The hard part is inspiring and persuading. Bold statements and a forceful personality are not enough.

(Putnam)

sabato, marzo 11, 2006

 
LE LOBBIE




venerdì, marzo 10, 2006

 


LO SGUARDO SUL VIET NAM

La topografia indecifrabile della vecchia Hanoi; l'eleganza coloniale del suo quartiere francese; le strade che brulicano di gente dalla prima luce dell'alba.

L'allergia per il vecchio, l'antico, per tutto quel che richiama il passato. I motorini che ormai hanno sostituito le biciclette: e con la velocità spariscono anche i cappelli di paglia dei contadini, più consoni al ritmo della pedalata. Sulle motorette solo cappellini da baseball e foulard annodati stretti.

Case e mestieri insieme. Per ogni famiglia un negozio, un'attivita', un "business" come si chiama qui. Sul fronte della strada si commercia, sul retro si cucina e si dorme. Chi entra, partecipa degli odori e dei rumori della famiglia.

I giovani trascorrono il tempo chattando in internet, ovunque e sempre. Dove non si sentono cliccare vecchie tastiere, è il karaoke che impazza.

Mentre signore di mezza età e uomini dall'età indefinibile giocano in silenzio a badmington, con gesti ovattati, sui marciapiedi del quartiere francese.

In città le contadine si fanno strada nei vicoli sostenendo con naturalezza sulla spalla un bilanciere: i cesti appesi all'asta colmi di pane, frutta, dolci.

Mentre nelle periferie, dove citta e campagna non si distinguono, un odore acre riempe i polmoni. L'aria è piena del fumo di piccoli roghi dove si brucia di tutto, incessantemente. La città non lascia avanzi.

Più distante, il lungomare della baia di Ha Long gia' mostra tracce della futura devastazione. Gli hotel dei cinesi crescono a frotte di fronte ad un panorama che toglie il fiato.


 
UNIVERSALISMO GIACOBINO


Francois Furet diceva che i francesi sono stati a lungo un popolo abituato a veder l’universale nel loro particolare, e a leggere la storia del mondo in quella della loro nazione. Mito del carattere universale della civilizzazione depositaria e animatrice dei valori della rivoluzione francese come base dell’identità nazionale francese. Ancora oggi è forte il dibattito tra i difensori del centralismo repubblicano (ispirato da una concezione giacobina dello Stato, che sottintende quella di rivoluzione) ed i realisti, inclini ad accettarne un’evoluzione, al fine di adeguarlo al multiculturalismo imposto dalle masse degli immigrati provenienti dal Sud.

E’ il dibattito tra sostenitori dell’universalismo (e quindi dell’assimilazione alla francese) e quelli della differenza (ovvero del comunitarismo anglosassone).

giovedì, marzo 09, 2006

 
LA NORMALITA' DELLA FAME


Meno del 4% della popolazione mondiale può:

1. vantare un posto fisso,
2. un trattamento previdenziale adeguato
3. le fondamentali libertà politiche
4. leggere
5. contare su un reddito superiore ai 2 dollari al giorno

Le aspettative di una minoranza distorcono la realtà della maggioranza. Per noi è “normale” consumare tre pasti al giorno, camminare per strada senza paura, avere a disposizione acqua, elettricità, telefoni e trasporti pubblici. La realtà è diversa: non è affatto normale.

852 milioni di persone non consumano giornalmente pasti che forniscano l’apporto calorico necessario

1,6 miliardi di persone non hanno accesso all’energia elettrica.

30% della popolazione mondiale non ha mai fatto una telefonata.
246 milioni di bambini lavorano (un terzo sotto i 10 anni).
Il rischio di mortalità per parto nei pvs è 1 su 61, nei paesi ricchi 1 su 2800.

mercoledì, agosto 04, 2004

 
EDITORIALE NEL CASSETTO
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L’atteggiamento assunto da MB nei confronti della riforma del sistema della ricerca contiene diversi aspetti che suscitano perplessità.

In primo luogo: si rivendica una superiore razionalità politica come ultima istanza alla luce della quale giudicare la proposta di riforma. Come se l’argomentare tecnico fosse un livello ed altro invece fosse il piano della politica, dove il problema consisterebbe piuttosto nel farsi carico di interessi coincidenti con le aspettative e le istanze di un settore dell’elettorato che guarda prioritariamente ai DS come proprio partito di riferimento.

Con ciò la politica viene fatta coincidere con la cura degli interessi di una porzione della comunità, secondo un’accezione che è vecchia in ben due sensi.

Vecchia perché la segmentazione della società in corporazioni è di fatto superata da una pluriappartenenza che rende ciascun cittadino al tempo stesso membro di più settori di una stessa realtà e dunque interprete di interessi molteplici, a volte in conflitto gli uni con gli altri. Compito della politica dovrebbe quindi essere, piuttosto, quello di aiutare la soluzione di questi conflitti alla luce di una concezione dell’interesse comune più ampia ed alta.

Vecchia inoltre perché il ruolo di una politica riformatrice oggi non può limitarsi ad assecondare le richieste dei gruppi sociali di riferimento, secondo una prospettiva tipicamente sindacale, bensì è chiamata ad intercettare e comporre una domanda sociale molto più variegata, sintetizzandola secondo le esigenze di una cultura di governo, anziché di opposizione come invece purtroppo è ancora troppo consueto nella prospettiva della sinistra sindacale.

In questa direzione il ruolo di una politica progressista, come dimostrano i non frequenti casi in cui questa ha successo ai nostri giorni, deve consistere nell’esercizio di una leadership anticipatrice nei confronti dei gruppi sociali di riferimento e non certo nell’adesione acritica alle istanze corporative e conservatrici che questi esprimono, spesso condizionati da un clima di incertezza e di timore nei confronti del futuro.

Nel caso specifico, la riforma della ricerca è un tema che riguarda l’intera società trentina, non solo gli addetti ai lavori. L’appiattimento politico sulla difesa del punto di vista dei diretti interessati è invece il frutto di un calcolo miope perché trascura del tutto di misurare l’investimento del Trentino sul sistema provinciale della ricerca – finanziario e politico al tempo stesso – non solo sul livello di soddisfazione dei ricercatori stessi, bensì sull’apporto allo sviluppo dell’intera comunità.

In questo modo peraltro si rischia nei fatti di trattare i ricercatori come un settore immaturo della società trentina, incapace di rendersi conto di quanto rapidamente stia mutando quella situazione che negli ultimi anni ha permesso un aumento costante delle risorse a disposizione della ricerca. E come pertanto si debba mettere mano urgentemente al funzionamento di questo sistema, secondo nuovi schemi organizzativi ed operativi, per garantirne il futuro.

Purtroppo si verifica anche nel dibattito sulla riforma della ricerca quel che appare vero in molti altri casi: l’incapacità di pensare politicamente con la testa rivolta in avanti, anziché indietro. Da cui consegue un atteggiamento politico che si condanna a rappresentare solo porzioni minoritarie della società anziché una maggioranza della stessa.

Se c’è un modo sicuro per interpretare alla lettera il principio di autolesionismo della sinistra nazionale, è proprio questo. Con l’aggravante di trasferirlo in un contesto, come quello trentino, dove invece ci si dovrebbe adoperare per mantenere - e possibilmente rafforzare - l’anomalia politica che vede il centro sinistra stabilmente al governo da molti anni.

martedì, agosto 03, 2004

 
LE PAROLE
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le parole mi hanno ferito
le parole mi hanno guarito

domenica, agosto 01, 2004

 
DAL LIBRO DEL GRANDE BASTARDO, capitolo 7
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E' proprio dei giovani come voi essere affascinati da stregoni e sortilegi, e pensare che ad essi sia riservato il privilegio di donare la fortuna e cambiare la vita.

Ma esistono altre persone che compiono miracoli e prodigi, nascoste negli angoli delle città e della storia.

Se vedi uno stregone con un copricapo di piume di ororoko che cammina sopra i tetti, fa volare le edicole e fa cadere polvere d'oro sui passanti, può darsi che la tua vita stia per cambiare, ma molto più probabilmente stai vedendo un video musicale.

Se vedi una persona che non si rassegna alle cerimonie dei tempi, che prezioso e invisibile aiuta gli altri anche se questo non verrà raccontato in pubbliche manifestazioni, che non percorre i campi di battaglia sul cavallo bianco dell'indignazione, ma con pietà e vergogna cammina tra i feriti, ecco uno stregone.

Quando non c'è più niente da imparare, vai via dalla scuola.

Quando non c'è più niente da sentire, non ascoltare più.

Se ti dicono: è troppo facile starne fuori, vuole dire che loro ci sono dentro fino al collo.

Vai lontano, con un passo solo.

mercoledì, luglio 28, 2004

 
UN PENSIERO POLITICO NEO-SOCIALDEMOCRATICO
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La politica in Scandinavia ha affrontato il tema del rinnovamento del pensiero socialdemocratico con significative innovazioni nel settore delle politiche attive del mercato del lavoro, della riforma del welfare, della disciplina fiscale, delle politiche per la ricerca e lo sviluppo tecnologico.

Questo insieme di elementi si presenta come una filosofia politica coerente (che l'esperienza del New Labour inglese di Toni Blair e Anthony Giddens a sua volta ha ripreso e adattato). Altri elementi essenziali di questa visione sono la centralità riconosciuta all'imprenditorialità e all'impresa, la necessità di promuovere un'economia dinamica, l'importanza della flessibilità sui mercati del lavoro.

La traduzione di questi principi prevede, tra l'altro, la rinuncia a prestazioni passive a favore di crediti di imposta agganciati alla creazione di posti di lavoro, in una prospettiva che vede il superamento delle teorie tradizionali sul ruolo dello Stato (interventista in caso di fallimento del mercato). Lo Stato è richiesto invece di intervenire per migliorare l'efficienza dei mercati. Soprattutto allo scopo di creare posti di lavoro e di inserire individui nell'occupazione. Un paese con alti livelli di occupazione può con maggiore facilità liberare reddito da spendere produttivamente per la salute e l'istruzione. In Gran Bretagna lavora più del 75% della popolazione in età lavorativa, contro una media europea del 62%.

In termini generali, l'obiettivo è quello di combinare il dinamismo economico degli Usa alla tutela sociale caratteristica dell'Europa. Non si tratta di un'ambizione contraddittoria nella misura in cui le riforme economiche procedono di pari passo all'investimento tecnologico e ad una costante ristrutturazione del welfare.

martedì, luglio 27, 2004

 

CARLOS KLEIBER



Carlos Kleiber giace in Slovenia da una settimana. Da anni si era ritirato, dopo che peraltro aveva amministrato la sua carriera di direttore d'orchestra con una lunga sequenza di assenze e di rifiuti, costellata da alcuni fulminanti concerti.

Le sue incisioni sono una rarità, come i concerti. Suonava quando aveva bisogno di guadagnare, chiedendo cifre impossibili per tornare a nascondersi per lunghi periodi. Per coltivare il suo complesso nei confronti del padre, Erich, direttore celeberrimo, che pure il mito del figlio ha largamente superato.

E per dimenticare l'avanzare degli anni con amori sempre più giovani.

Maniacale per il desiderio lancinante di dare ad ogni nota il senso di una costruzione perfetta. Dibattuto di fronte alla constatazione che la perfezione purtroppo richiede una concentrazione che divora e non lascia spazio a null'altro.

domenica, luglio 25, 2004

 
LORCA
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The still waters of the water under a frond of stars
The still waters of your mouth under a thicket of kisses

Federico Garcia Lorca

sabato, luglio 24, 2004

 
YOSANO
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Now
thinking back
on the course of my passion
I was like one blind
unafraid of the dark

Oggi ripensando alla mia passione
ho capito che ero come un cieco
che non ha paura del buio

Akiko Yosano
1878-1942

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